Se permettete, e se Giancarlo me lo permette, vi metto cio' che mi ha scritto.
COLLOCAZIONE DELLA SCUOLA DI MARIA
L’oggetto, o il problema se si vuole, sarebbe quello della collocazione della “ Scuola di Maria “ nell’ambito pastorale. In un primo tempo avevo l’impressione che non ci fosse spazio per una esperienza del genere perché erano già tutti occupati, più o meno bene o più o meno male, da altri gruppi. Altre volte mi pareva che l’attenzione era prevalentemente posta sull’apparire.
La lettura di un insegnamento tenuto nel 1983 da Raniero Cantalamessa alla Convocazione Nazionale del Rinnovamento dello Spirito, mi ha suggerito la felice intuizione di una risposta.
Occorreva cercare la risposta nella natura e nel fondamento della Scuola di Maria, in niente altro cioè che nel suo spirito e nel suo contenuto: cioè nel tentativo di ricercare alle sorgenti della “ Mistica cristiana “i motivi di un rinnovamento spirituale ed interiore che si potesse poi espandere, per inerzia o per forza sua intrinseca, nella pastorale d’insieme della comunità.
Se la Scuola di Maria, attraverso lo studio dei mistici ed in particolare dei mistici carmelitani, e tra di loro in modo ancora più particolare santa Teresa d’Avila, San Giovanni della Croce e santa Teresa di Lisieux, fosse riuscita ad accendere una Luce o un Fuoco in ciascuno di noi, avrebbe già raggiunto il suo scopo, perché tale Luce e tale Fuoco non potevano restare invisibili e inattivi là dove ciascuno di noi si venisse a trovare.
Il Problema sarebbe stato allora come fare perché tale Luce e tale Fuoco trovasse alimento continuo.
Venendo meno l’apporto del Maestro che ci ha iniziato a questa “ sapienza “, pur nella certezza che lo Spirito Santo non cesserà di soffiare su ciascuno di noi dove e come vuole, come fare per riconoscere lo Spirito stesso, perché è necessario che lo Spirito si “ incarni “ in qualche cosa di concreto.
Teresa stessa aveva fondato dei Monasteri, cioè delle piccole comunità, dove le sue figlie avrebbero potuto, nella preghiera, nel silenzio, e nella meditazione raccolta, “ camminare” verso l’Unione con Dio.
Non può essere questo il caso per dei laici impegnati ed affaccendati come noi? Appunto: monaci laici. E allora?
Occorre forse che alcuni di noi prenda il posto del “ Maestro “ e, restando in stretto e costante contatto tra loro e con lui, sotto la sua guida, riescano ad impostare un cammino comune. Per far questo occorrerebbe stabilire:
1° chi ci tiene a continuare questo cammino. ( Ad una scuola ci si iscrive ).
2° stabilire un numero di gruppi (essendo una Scuola si potrebbe parlare di classi) secondo il numero di chi aderisce, in modo da rendere possibile uno scambio comunicativo e interpersonale.
3° Scegliere (anche tirandolo a sorte, dopo aver pregato naturalmente - vedi il caso di san Mattia - ) un coordinatore o animatore del gruppo o della classe stessa, tale che possa tenere i contatti con gli altri animatori per un riferimento sempre attuale con il Maestro.
4° Favorire di tanto in tanto anche un incontro comunitario con tutti i componenti della Scuola di Maria.
L’avvertimento, dato da Cantalamessa perché le cose non scivolino via, è tratto da Galati 3,1:
“ Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne? “
Si tratta di capire il nostro carisma. Ciò che piace a Gesù è la assoluta povertà, il fatto di non aver un passato e nemmeno un futuro. Essere quasi un nulla, una cosa piccola - piccola, gratuita. Come istituzione ci deve bastare la Chiesa. Ciò a cui ci chiama Gesù è l’unione con Lui.
A noi non è richiesto di capitalizzare ma di spendere tutto e subito.
Una vita cristiana interamente consacrata a Dio, senza né fondatore, né regola, né congregazione nuovi.
Fondatore: Gesù, regola: il Vangelo interpretato dallo Spirito Santo, congregazione: la Chiesa.
Finire con la carne significa ricadere nelle cose vecchie.
Isaia 33,14: “ Il nostro Dio è un fuoco divorante, chi di noi può abitare tra fiamme perenni? “. Questa è stata la nostra esperienza spirituale, saremo fedeli? O ci ripiegheremo sulle cose da fare, in un vuoto affaccendarsi? Metteremo la fiaccola accesa sotto il moggio? Un conto è trovarsi insieme per pregare, altro trovarsi insieme per discutere di preghiera. Altrimenti riaffiora il ritualismo: fare le cose senza lo Spirito.
Finire con al carne significa esteriorità : preoccuparsi eccessivamente della nostra immagine esterna, di ciò che si dice e si pensa di noi, oppure rendere pubblico ciò che il Signore opera in noi e per noi (è bene tenere nascosto il segreto del re).
“ Non suonare la tromba davanti a te, non sappia la tua destra cosa fa la sinistra ” anche se a volte ci pare bene far conoscere le meraviglie del Signore. Ma questo è un camminare sul filo del rasoio.
Finire con la carne è la tentazione di voler fare tutto: volontariato, scuola, cultura, opere sociali… e magari perdere il proprio carisma peculiare. Alla fine tutti fanno le stesse cose e ci si fa concorrenza. Questo è orgoglio.
San Francesco: “ Fratelli Dio ci chiama per la via della semplicità. Egli vi confonderà per mezzo della vostra scienza… e allora farete ritorno con vergogna alla vostra vocazione“ (Fonti Francescane n.1673)
Domandiamoci allora qual è il nostro carisma. Non è forse risvegliare delle vite cristiane sopite o spente? Fatto questo, tutto sarà possibile poi. Affidiamoci al dinamismo dello Spirito e non a forme di attivismo umano." (Giancarlo)